Anche CGIL apre al tesseramento alias: “L’accoglienza delle tante diversità non è un qualcosa di facoltativo, ma necessario”

È il primo sindacato in Italia a implementare una politica di questo tipo.

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Da oggi, persone trans, non binarie e gender non conforming potranno tesserarsi a CGIL con il loro genere e nome d'elezione.
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Il tesseramento alias sbarca anche in CGIL. Grazie a un aggiornamento dei sistemi di registrazione, da oggi persone trans, non binarie e gender non conforming potranno iscriversi al sindacato indicando la propria identità di genere e nome di elezione.

CGIL – primo sindacato a implementare un sistema simile – rinnova quindi la propria vicinanza alle cause LGBTQIA+ con una politica inclusiva, volta ad accogliere ed abbracciare tutte le identità anche prima dell’adeguamento anagrafico a seguito dei percorsi di affermazione di genere.

La CGIL mette in atto una pratica inclusiva, che renderà la più grande organizzazione sindacale italiana un luogo più accogliente e sicuro per tutte le persone, supplendo ad un ritardo legislativo che il nostro Paese continua ad avere nei confronti delle persone che non si riconoscono nel genere assegnato alla nascita, che sono costrette a un lungo calvario inutile e doloroso per poter affermare la propria identità di genere” commenta Christian Leonardo Cristalli, Responsabile politiche Trans di Arcigay.

Coloro che non si riconoscono nel genere assegnato alla nascita, e che non hanno ancora avviato le procedure formali per il cambio di genere e nome, potranno evitare nei rapporti col sindacato la violenza quotidiana del deadname, nonché la necessità di esporsi inutilmente in situazione potenzialmente non sicure.

“La scelta di CGIL è fondamentale” prosegue Manuela Macario, Responsabile Lavoro di Arcigay, “contribuirà a rendere i luoghi di lavoro e le organizzazioni che in quei luoghi agiscono come spazi aperti alla partecipazione di tutte le persone lavoratrici, a prescindere dalla propria Identità di genere prosegue. Un messaggio importante quello che manda l CGIL su quanto l’accoglienza delle tante diversità non sia un qualcosa di facoltativo, ma necessario per essere realmente rappresentativi del mondo del lavoro e dei suoi bisogni”.

Come funziona il tesseramento alias di CGIL?

L’aggiornamento dei sistemi informativi di tesseramento SinArgo e Gps3d, in linea con le decisioni dell’Assemblea Organizzativa del 2022, permette quindi la registrazione delle iscritte e degli iscritti utilizzando le identità alias.

Il nuovo processo richiede alcune modifiche nelle procedure attuali. In primo luogo, tutte le deleghe di tesseramento includono ora una scelta di genere, con le opzioni “maschio“, “femmina” e “altro“, per rispecchiare meglio la varietà delle identità di genere. In aggiunta, un nuovo campo denominato alias è stato inserito dopo i campi “Nome e Cognome, dove gli iscritti possono comunicare il loro nome di elezione. Altre funzionalità verranno sviluppate gradualmente, con l’impegno da parte della CGIL di aggiornare i suoi membri sui progressi.

Accanto al campo alias, è presente un asterisco che rimanda a una nota informativa, che chiarisce che, per i rapporti con la Pubblica Amministrazione, dove è rilevante il solo dato anagrafico, la CGIL è tenuta a raccogliere sia il genere percepito e il nome di elezione sia i dati relativi al sesso assegnato alla nascita e al cognome. Tuttavia, per i fini interni di tesseramento, il dato rilevante sarà esclusivamente quello relativo all’identità alias.

Perché il tesseramento alias?

L’iniziativa – che va aggiungersi a quelle già implementate da altri enti come scuole, università, comuni ed enti di promozione sportiva – si colloca in un contesto dove la legislazione italiana, ancorata alla legge del 1982, si rivela inadeguata e obsoleta rispetto alle esigenze di autodeterminazione e identità di genere.

Caratterizzata da un approccio psichiatrizzante e patologizzante, la legge 1982 del è in netto contrasto con le raccomandazioni delle istituzioni internazionali, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che invitano all’abbandono di tali logiche.

Sappiamo che questa non è la soluzione del problema, che può venire solo da una nuova legge che tenga in debito conto le istanze della comunità trans e il principio di autodeterminazione della persone – scrive CGIL in un comunicato – Ma abbiamo la certezza che la buona prassi che oggi portiamo a compimento con la circolare che conclude il processo avviato con l’ultima assemblea organizzativa, renderà più facili e rispettosi i rapporti tra noi e chi a noi fa riferimento.

Non va infine trascurato il fatto che, come sempre accade, le buone prassi fanno da propulsore di una contrattazione, ma soprattutto di una legislazione più avanzata e più attenta alla vita vera delle persone che – sola – può dare risposte universali e non solo rivolte a una platea inevitabilmente parziale”.

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