La Corte europea condanna la Romania. Deve riconoscere le coppie dello stesso sesso

La CEDU ha stabilito che il riconoscimento delle unioni civili tra persone dello stesso sesso non danneggerebbe in alcun modo l'istituzione del matrimonio.

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famiglia
Una famiglia degenere, quella di Luca.
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La Romania deve legalizzare le unioni civili tra persone dello stesso sesso. A ribadirlo la massima corte europea per i diritti dell’uomo, nella giornata di ieri.

Ventuno coppie dello stesso sesso avevano trascinato la Romania alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), sostenendo che la mancanza di riconoscimento legale delle loro relazioni “li ha privati della loro dignità di coniugi”.

In una sentenza a dir poco attesa, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che il Paese ha violato l’articolo 8 della Convenzione europea, che tutela il diritto al rispetto della vita familiare, non dando alle coppie LGBTQ+ alcun mezzo per salvaguardare legalmente le loro relazioni. Le coppie rumene hanno citato gli enormi svantaggi legati alle attuali leggi nazionali, come il congedo per lutto coniugale, l’assicurazione sanitaria congiunta o la possibilità di accedere a mutui agevolati.

La CEDU ha stabilito che il riconoscimento delle unioni civili tra persone dello stesso sesso non danneggerebbe in alcun modo l’istituzione del matrimonio, “poiché le coppie eterosessuali possono ancora sposarsi”. La sentenza diventerà giuridicamente vincolante dopo un periodo di tre mesi in cui entrambe le parti avranno il diritto di appellarsi a un tribunale superiore. In caso contrario, la sentenza rimarrà valida e porterà la Romania a dover legalizzare il prima possibile le unioni civili.

La Romania si è classificata al 41° posto su 49 Paesi nella Rainbow Map di ILGA-World. Un sondaggio del 2021 condotto da Accept Association aveva mostrato come il 43% dei rumeni sia favorevole alla protezione legale per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Il 71% ha confessato che un’eventuale legge sulle unioni civili non avrebbe alcun impatto sulle loro vite.

Gli attivisti hanno accolto con favore la sentenza della CEDU, facendo notare come il disegno di legge sulle unioni civili sia fermo in parlamento dal 2019. “Per troppo tempo noi persone LGBTQ+ di Romania siamo stati trattati come cittadini di seconda classe ed è ora di cambiare“, ha affermato Vlad Viski, direttore esecutivo dell’Associazione MozaiQ LGBT. Nel 2022 la Romania ha votato insieme ad Ungheria e Polonia contro la propaganda LGBTQIA+, mentre nel 2021 era arrivata un’altra condanna dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, affinché riconoscesse gli uomini trans.

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