Russia, il primo caso di “estremismo LGBTQIA+” finirà in tribunale: arrestati manager e direttrice del club queer Pose – VIDEO

In caso di condanna per "l'organizzazione di attività estremiste", Aleksander Klimov e Diana Kamilyanova potrebbero affrontare una pena detentiva fino a 10 anni.

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A poco meno di quattro mesi dalla promulgazione della legge che categorizza il fantomatico “movimento internazionale LGBTQIA+” come estremista, e a pochi giorni dalla rielezione di Vladimir Putin a guida del paese tramite un’evidente incursione sul processo democratico da parte delle autorità, la Russia prosegue con la repressione delle identità queer in un’escalation persecutoria mai vista prima.

Nel mirino delle autorità, questa volta, il club queer Pose di Orenburg, celebre per i suoi coloratissimi drag show, ancora in svolgimento nonostante la pesante ondata repressiva.

In un raid svoltosi il 12 marzo, la polizia russa – insieme ai membri di un gruppo nazionalista del territorio – ha fatto irruzione per arrestare l* organizzator*.

Trattati come veri e propri criminali d’alto profilo, avventor* e organizzator* sono stati costretti a sdraiarsi a faccia in giù sul pavimento, mentre le autorità sequestravano parrucche ed abiti alle drag queen esibitesi quella sera, lasciandole seminude davanti alla folla.

Il video dell’accaduto è stato poi ricondiviso sugli account social di alcuni militanti nazionalisti.

In manette, Aleksander Klimov, il direttore artistico del locale, imputato per la selezione degli artisti drag per le esibizioni, e Diana Kamilyanova, la manager responsabile della registrazione video delle performance. Rimarranno in custodia fino al 18 maggio, in attesa del processo.

Nei documenti giudiziari di quello che si prospetta il primo caso di estremismo  LGBTQIA+, il tribunale russo etichetta le persone arrestate come “soggetti di orientamento sessuale non convenzionale“, imputandole di “promuovere le ideologie e le attività dell’organizzazione LGBT internazionale, proibita nel paese“. In caso di condanna per “l’organizzazione di attività estremiste“, potrebbero affrontare una pena detentiva fino a 10 anni.

In un comunicato del 30 novembre 2023 – giorno in cui la Duma votava a favore della famigerata proposta di legge – Amnesty International aveva già profetizzato eventi simili nel breve periodo.

“Questa ingiustificabile e inaccettabile decisione segna un’escalation nella campagna repressiva delle autorità russe contro la comunità LGBTI. La determinazione potrebbe culminare in una proibizione completa delle organizzazioni LGBTI, contravvenendo gravemente ai diritti fondamentali quali la libertà di associazione, espressione e manifestazione pacifica, oltre al diritto di essere liberi dalla discriminazione. Tale azione impatterà negativamente su innumerevoli individui, con conseguenze che si prevedono essere devastanti”.

Ed oggi queste conseguenze sono ben evidenti. Tra raid a tappetto negli spazi queer in tutta la Russia, arresti sommari e dichiarazioni utili ad infiammare l’opinione pubblica e legittimare l’omobitransfobia istituzionale a tutti i livelli, il presidente Putin sembra aver raggiunto il proprio obiettivo: la repressione sistemica totale di tutto ciò che si discosta dal paradigma tradizionalista ed eterocisnormato che vuole imporre come ennesimo strumento di controllo della popolazione.

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